CRYO Runner, una birra da bere a tavoletta!

Nel corso della primavera di sei anni fa presentammo ufficialmente la nostra prima birra: Runner Ale, un’American Pale Ale da quasi cinque gradi alcolici, raffigurata da uomo con la sua 24 ore che corre apparentemente senza tempo e direzione. Sei anni sono trascorsi da quelle prime cotte. Un anno, invece, dalla centesima cotta nell’impianto produttivo che da fine 2015 è la nostra seconda casa. Una cotta da ricordare e che ci aveva spinti a cambiare leggermente il profilo della nostra cara Runner per un’edizione ‘Anniversary’. Da una parte il ritorno alle origini, grazie ai malti della Crisp Malting – master maltsters dal 1870 – dall’altra uno sguardo al presente nel mutuare le tecniche delle New England IPA. A distanza di un anno da quella centesima cotta da anniversario, abbiamo pensato di celebrare la ricorrenza regalando un nuovo profilo alla nostra prima nata, dando così vita a CRYO Runner. Un uomo con la sua 24 ore sempre di corsa e affannato, ma congelato nel suo tempo. CRYO Runner nasce grazie all’utilizzo di Luppolina in polvere Cryo, ovvero la nuova frontiera del luppolo. Una polvere naturale ottenuta tramite un processo di frazionamento criogenico dei coni di luppolo per arrivare a mantenere la maggior parte dei composti resinosi e degli olii aromatici. Un vero e proprio concentrato che regala una maggiore aromaticità alla birra. Per la Runner Ale abbiamo utilizzato Citra e Simcoe in luppolina per regalarvi una birra da bere a tavoletta!

CRYO Runner verrà presentata in occasione di Beer Attraction 2018

CRYO RUNNER – (American Pale Ale)

“Come tuo avvocato ti consiglio di andare a tavoletta” Dr. Gonzo

Una Runner mai doma e in continua evoluzione. Per dare vita a CRYO Runner abbiamo utilizzato luppolina in polvere Cryo (Citra e Simcoe), ad esaltare l’aroma di questa American Pale Ale da quasi cinque gradi. Una birra dal colore giallo dorato, leggera e corposa in cui resta delineato quell’amaro finale che ne aumenta la bevibilità.

Alc. 4,8 %
IBU: 50
Colore: ambrato
EBC: 11

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Dulcis in Fusto è una dessert beer nata dalla collaborazione tra Brewpub Trulla di Nuoro e Birrificio Pontino.

Su Brewpub Trulla naschit da una passione, cussa pro sa birra artigianale e de calidade. Chiaro no? Passione per le birre artigianali di qualità. Elemento di unione che ci ha portati a brassare una birra che ricordasse il torrone. Frumento, avena, orzo, mandorle e miele. Piuttosto che utilizzare uno zucchero fermentabile, si è optato per il lattosio, così come chiede lo stile. Disaccaride isolato per la prima volta nel 1600, e non fermentabile dalla maggior parte dei lieviti utilizzati per la produzione di birra, il lattosio dona a Dulcin in Fusto corpo e dolcezza. Più che in fondo, il dolce lo troverete nel fusto!

DULCIS IN FUSTO – (Dessert Beer)

 

“…Incantevole spazio intorno e distanza da viaggiare, nulla di finito, nulla di definitivo. È come la libertà stessa.” D.H. Lawrence sulla Sardegna

Dulcis in Fusto è una dessert beer nata dalla collaborazione tra Brewpub Trulla di Nuoro e Birrificio Pontino. Frumento, avena, orzo, mandorle, miele e lattosio per una birra che si presenta chiara e pulita. Corpo ben delineato e una dolcezza a richiamare il gusto del torrone.

POLYKEG 24lt

Alc. 7 %
IBU: 09
EBC: 15

Dopo la primavera e l’estate che ci hanno portato ad esplorare e giocare con la frutta esotica attraverso il progetto Brain Damage, per l’autunno e l’inverno il Birrificio Pontino ha dato vita a due nuove birre artigianali, rileggendo in parte la tradizione brassicola anglosassone.

Quasi un anno fa, l’idea per una old ale da far riposare in botti di Rum Demerara per nove mesi. Una vera e propria gestazione che ha generato Black Flag: birra dai profumi e sapori che richiamano vaniglia e uva passa. “Una old ale in pieno stile – spiega il mastro birraio pontino — ad esaltare la complessità dei malti appena tostati, in cui la dolce sensazione inziale si arrende a un finale piacevolmente secco”. Nel partorire l’idea di Black Flag, il nostro mastro birraio si è ispirato alla tradizione brassicola anglosassone.

Le Old Ale, infatti, vennero brassate inizialmente a cavallo tra il secolo dei lumi e quello iniziato a suon di impeto e tempesta (Sturm und Drang). Nella ‘perfida Albione’, il termine indicava birre generalmente scure e maltate, grazie anche ai lunghi periodi di invecchiamento in botte. I mesi trascorsi a contatto con il legno, anche dodici in alcuni casi, donavano alla birra un alto grado alcolico, intorno ai sette gradi, e un lieve sapore acidulo, ma mai invadente. Note acide inizialmente associate all’utilizzo di brett presenti nei vecchi birrifici, ma che forse erano figlie di quei lattobacilli contenuti nelle toghe di legno dei barili. Questo spiegherebbe anche la scarsa nota acida, mai pervasiva.

Successivamente, però, profitti e mercato spinsero i birrifici a produrre birre con una maturazione che non superassero i tre mesi, le cosiddette running beers. Si decise quindi di utilizzare le old ale come correttivo per le birre più giovani o mild (differenti dalle mild di oggi) o anche per birre più mature o stale.

Ma le old ale non erano state pensate per essere birre da taglio, finendo così per restare nei magazzini e utilizzate come moneta per i facchini che si adoperavano in birrificio. Il cambio del calcolo delle tasse sui prodotti alcolici basato sul grado plato decretò la fine produttiva delle old ale. Nel secolo scorso, la ripresa dello stile e un apprezzamento che ha varcato l’Atlantico direzione Stati Uniti, per far ritorno sulle coste europee.

La seconda novità sfornata dagli alambicchi del Pontino è una dessert beer. Ovvero, come trasformare un dolce in una birra. Nasce così Sourcherry Pie, “nel tentativo di esplorare le diverse vie del gusto. Ci siamo immersi nella dolcezza dei malti e trasformato in liquido una crostatina di visciole”.

Uno stile, quello delle così dette dessert beer, molto recente e moderno, che attinge però ad ingredienti utilizzati dai mastri birrai anglosassoni già sul finire del 1800. Tra i malti, un uso particolare di avena e, piuttosto che utilizzare uno zucchero fermentabile, si è optato per il lattosio. Disaccaride isolato per la prima volta nel 1600, e non fermentabile dalla maggior parte dei lieviti utilizzati per la produzione di birra, il lattosio dona a Sourcherry Pie un maggior corpo e dolcezza.

“Il suo utilizzo in questa birra, associato all’avena, lascia in bocca un retrogusto dolce ed invitante, regalando una leggera sensazione di vaniglia”, spiega il mastro birraio. Il cuore di questa ale da sei gradi e mezzo è rappresentato dalla visciola in fermentazione, che alleggerisce la presenza sul palato, per frantumarsi in bocca come una corposa crostatina di visciole.

BLACK FLAG – (Old Ale – Barrel aged)

L’universo è la mia casa, la voce sommessa di questo mare infinito mi invoca e mi invita a vivere senza catene, la mia bandiera è un simbolo di libertà” Capitan Harlock

Lasciata riposare in botti di Rum Demerara per nove mesi, i profumi e i sapori di Black Flag richiamano vaniglia e uva passa. Una old ale in pieno stile, ad esaltare la complessità dei malti appena tostati, in cui la dolce sensazione inziale si arrende a un finale piacevolmente secco. Corpo pieno, bassa carbonazione e un calore alcolico da otto gradi mai opprimente.

Il consiglio è di berla a vele spiegate.

Dati tecnici
Alc. 8%
IBU: 35
Colore: ambrato
EBC: 35

Cenni storici
Le Old Ale vengono brassate inizialmente a cavallo tra il secolo dei lumi e quello iniziato a suon di impeto e tempesta (Sturm und Drang). Nella ‘perfida Albione’, il termine indicava birre generalmente scure e maltate, grazie anche ai lunghi periodi di invecchiamento in botte. I mesi trascorsi a contatto con il legno, anche dodici in alcuni casi, donavano alla birra un alto grado alcolico, intorno ai sette gradi, e un lieve sapore acidulo, ma mai invadente. Note acide inizialmente associate all’utilizzo di brett presenti nei vecchi birrifici, ma che forse erano figlie di quei lattobacilli contenuti nelle toghe di legno dei barili. Questo spiegherebbe anche la scarsa nota acida, mai pervasiva. Successivamente, però, profitti e mercato spingono i birrifici a produrre birre con una maturazione che non superi i tre mesi, le cosiddette running beers. Si decide quindi che le old ale vengano stoccate e utilizzate come correttivo per le birre più giovani o mild (differenti dalle mild di oggi) o anche per birre più mature o stale. Ma le old ale non erano state pensate per essere birre da taglio, finendo così per restare nei magazzini e utilizzate come moneta per i facchini che si adoperavano in birrificio. Il cambio del calcolo delle tasse sui prodotti alcolici basato sul grado plato decretò la fine produttiva delle old ale. Nel secolo scorso, la ripresa dello stile e un apprezzamento che ha varcato l’Atlantico direzione Stati Uniti.

Nel tentativo di esplorare le diverse vie del gusto ci siamo immersi nella dolcezza dei malti, sperimentando per la prima volta una dessert beer. Ovvero, come trasformare un dolce in una birra e, in particolare, una crostatina di visciole. Tra i malti, l’utilizzo dell’avena dona corpo e masticabilità a questa ale da sei gradi e mezzo, pensata per rendere calde le lunghe e intense giornate di festa. Le note di caramello e biscotto si bilanciano con le visciole in fermentazione, arricchendone l’aroma. L’utilizzo del lattosio lascia in bocca un retrogusto dolce ed invitante, regalando una leggera sensazione di vaniglia. Per donarvi tutta la freschezza e il calore di una crostatina di visciole appena sfornata.

SOURCHERRY PIE debutterà in anteprima giovedì 30 novembre presso il ristorante SATRICVM con un menù ideato dallo chef Max Cotilli. Per essere poi presentata al Cheers 2 di Latina (Piazza del Quadrato) giovedì 7 dicembre.

SOURCHERRY PIE – (Dessert Beer)

Sourcherry Pie

“La cucina di una società è il linguaggio nel quale essa traduce inconsciamente la sua struttura” Claude Levi Strauss

Con Sourcherry Pie si ritorna a girovagare nel Villaggio Globale. Un’esplosione di malto, e avena in particolare a dare corpo e masticabilità a una dessert beer in cui predominano note di caramello e biscotto. Oltre ad arricchire l’aroma, l’utilizzo della visciola in fermentazione alleggerisce la presenza sul palato per questa ale da sei gradi e mezzo, che si frantumerà in bocca come una corposa crostatina di visciole.

Il consiglio è di mangiarla, più che berla.

Dati tecnici
Alc. 6,5%
IBU: 15
EBC: 35

Ben trovati amanti degli eventi del Pontino. Questo mese abbiamo rimandato il nostro appuntamento per l’ultimo venerdì in taproom, che quest’anno vi ha visti assetati, affamati e numerosi più che mai, a partire già dai primi caldi. No per paura del freddo, visto che la nostra taproom è sempre calda e pronta ad accogliervi. Ma per un motivo ben preciso, anzi preferiremmo dire per un menù molto particolare. Giovedì 30, infatti, il Pontino si trasferisce da Saticvum per una serata culinaria a cura dello chef Max Cotilli. In anteprima le due nuove creazioni partorite dal nostro mastro birraio Matteo: Sourcherry Pie e Black Flag, che verranno presentate ufficialmente nelle prossime settimane e di cui, almeno per ora, non vi anticipiamo nulla … bere per credere!

In casa Pontino, si sa, non si sta mai fermi e chi conosce il nostro Egidio, questo lo sa bene. In questi mesi abbiamo macinato km a suon di litri portando i nostri sorrisi infustati e imbottigliati tra festival, serate dedicate e presentazioni che non ci hanno risparmiato il fegato. Sono in arrivo e disponibili dai primi di dicembre i fustini da cinque litri. Ad accarezzare le nuove pareti di questo formato per festaioli non poteva essere che la nostra prima nata: Runner Ale, American Pale Ale sempre in splendida forma. A seguire 5 litri di buio con Hopped Ink, imperial stout in pieno stile da 9% Alc.

Ma novembre passa in fretta, i fusti finiscono in un batter d’occhio e le feste comandate non tardano ad arrivare. Natale con i tuoi? D’accordo, ma qualche giorno prima fossi in voi lo passerei in taproom col Pontino. Ci stiamo preparando a festeggiare il nostro compleanno con voi … Seguici per novità e aggiornamenti!

Il progetto BRAIN DAMAGE nasce nella primavera 2017. Una birra che apre le porte del Pontino nel campo delle hazy, soft and amazing New England India Pale Ale. Come a volerla considerare una madre del genere, abbiamo voluto ricercare e dare vita alle sue prime due figlie, in cui fosse chiara la linea generatrice, ma diversa la caratterizzazione finale. Abbiamo così plasmato due Tropical IPA aggiungendo polpa di frutta tropicale, eliminando quindi la caratteristica torbidezza, ma accentuandone l’amaro. Pur mantenendo il nome anagrafico della madre – Brain Damage – la prima figlia si distingue grazie a un frutto da sempre considerato miracoloso dalle popolazioni della foresta Amazzonica: la Goiaba, la cui polpa richiama note mixate di fragola e arancia; la seconda figlia, invece, prende vita grazie all’unione di frutti tipici brasiliani: Cajù & Cajà, più secco il primo, più agrodolce il secondo.

Con l’arrivo dell’estate Brain Damage e la sua declinazione alla frutta hanno avuto un ulteriore sviluppo. Nascono così Brain Damage con l’aggiunta di polpa di Maracuja e Brain Damage con polpa di Mango. Non cambia la linea generatrice, dove i malti servono a sostenere il palato e il luppolo è utilizzato principalmente per la massima estrazione degli olii aromatici. Con una buona dose di avena e frumento, il luppolo è quindi utilizzato esclusivamente in aroma, regalando un effluvio di frutta tropicale, agrumi e fiori. Con la polpa di frutta a determinare la caratterizzazione finale … L’immaginazione è l’obiettivo della nostra storia!

BRAIN DAMAGE – (New England IPA)

“Only psychos and shamans create their own reality” Terence McKenna

Brain Damage è una New England IPA. Con una buona dose di avena e frumento, che ne conferiscono il classico aspetto torbido e pieno, il luppolo è utilizzato esclusivamente in aroma, regalando un effluvio di frutta tropicale, agrumi e fiori. Il lievito di origine britannica ne accentua ancora di più le note fruttate.

Dati Tecnici
Alc. 7%
IBU: 14
EBC: 12

BRAIN DAMAGE Goiaba – (Tropical IPA)

Brain Damage - Goiaba

“The syntactical nature of reality, the real secret of magic, is that the world is made of words” Terence McKenna

Utilizzando la ricetta base e seguendo la linea generatrice in cui il luppolo è utilizzato principalmente per l’estrazione degli olii aromatici, l’aggiunta di polpa di Goiaba rende questa Tropical IPA di un colore giallo chiaro e limpido, dove le note amaricanti sono ben bilanciate alla freschezza del frutto.

Dati Tecnici
Alc. 7%
IBU: 18
EBC: 9

BRAIN DAMAGE Cajù + Cajà – (Tropical IPA)

Life lived in the absence of the psychedelic experience that is life enslaved to the ego Terence McKenna

Si parte dalla ricetta base seguendo la linea generatrice in cui il luppolo è utilizzato principalmente per l’estrazione degli olii aromatici, a caratterizzare un profilo tropicale. L’aggiunta di polpa di Cajù per un 40% dona a questa Tropical IPA un aroma secco e deciso, equilibrato dal profilo agrodolce della polpa di Cajà per un 60%.

Dati Tecnici
Alc. 7%
IBU: 16
EBC: 9

BRAIN DAMAGE Maracuja – Tropical IPA

“The imagination is the goal of history. I see culture as an effort to literally realize our collective dreams.” Terence McKenna

Il punto di partenza è la ricetta base di Brain Damage, dove i malti servono a sostenere il palato e il luppolo è utilizzato principalmente per la massima estrazione degli olii aromatici, donando sentori di frutta tropicale. Con la sua caratteristica dolce-acidula, l’aggiunta di polpa di Maracuja rende questa Tropical IPA passionale, esotica e esplosiva. Lasciate correre l’immaginazione e vi ritroverete su una spiaggia brasiliana.

Dati Tecnici
Alc. 7%
IBU: 16
EBC: 9

BRAIN DAMAGE Mango – (Tropical IPA)

“If you don’t have a plan, you become part of somebody else’s plan” Terence McKenna

Il punto di partenza è la ricetta base di Brain Damage, dove i malti servono a sostenere il palato e il luppolo è utilizzato principalmente per la massima estrazione degli olii aromatici, donando sentori di frutta tropicale. L’aggiunta di polpa di Mango rende questa Tropical IPA ancor più corposa e aromatica. Se non avete ancora un piano per l’estate è la birra giusta per immaginarne di nuovi.

Dati Tecnici
Alc. 7%
IBU: 16
EBC: 9

Il 17 marzo si festeggia in Irlanda il giorno di San Patrizio, patrono e simbolo della cristianità dell’isola. Il Saint Patrick’s Day non è solo una festività religiosa, ma una celebrazione della cultura irlandese e una tra le ricorrenze più celebrate al mondo, soprattutto dalla diaspora irlandese. Negli anni ha assunto un profilo anche molto commerciale e ai colori verdi si sono associati quelli neri della Guinness, fondata a Dublino nel 1759. A quanto pare, sembra che una pinta della nota stout fosse sollevata in onore del santo sin da quando Arthur Guinness fondò il suo birrificio. Storie, marketing e commercializzazione hanno fatto in modo che il 17 marzo la nera di Dublino venga bevuta in oltre 150 Paesi nel mondo.

Sin dall’inizio, noi del Birrificio Pontino abbiamo cercato di dar vita, da diverse angolazioni, a birre scure e in particolare alle stout, cercando di far emergere in ognuna di esse un suo profilo distintivo e caratterizzante.

La ROSEMARY è una oatmeal stout che sprigiona profumi tostati, accompagnati da note dolci e speziate. Se il nome vuole omaggiare Rosemary’s Baby di Roman Polanski, film drammatico del 1968, nel brassarla abbiamo voluto omaggiare il promontorio del Circeo: luogo magico e misterioso. Traendo dalle sue pendici rosmarino selvatico che dona alla Rosemary un leggero aroma balsamico. “La sua energia sovvertirà il mondo, e durerà più a lungo della vita”.

La ricerca e la sperimentazione ci ha condotti a scendere nei meandri più scuri e neri, in quella notte che per Jim Morrison era il “pozzo nero” dove intingere inchiostro per le proprie poesie. Nasce così la HOPPED INK, una imperial stout con sei tipologie di malti che donano profumi e aromi di caffè liquirizia e cioccolato. Un birra che abbiamo lasciato poi riposare anche in botti che un tempo contenevano sagrantino e amarone. Dando così vita alla sua versione ‘barrel aged’.

Fino ad arrivare all’ultima nata, che avete apprezzato e lodato in occasione di Beer Attraction 2017. Una tropical stout che come tipologia non è molto nota all’interno dei nostri confini, perché legata ai paralleli caraibici a cui ci siamo ispirati. La BARBANERA, infatti, prende dai Caraibi lo zucchero di canna che, oltre ad alzarne i livelli alcolici fino a sette gradi, dona a questa stout sentori di spezie e una leggerissima nota di affumicatura. I profumi del malto vengono accompagnati da una extra luppolatura di equinox a richiamare note tropicali.

Tre diverse sotut per tipologia e carattere per brindare al trifoglio verde!

Brassare una birra è un’arte. L’arte di scegliere gli ingredienti migliori: malti, luppoli, lieviti. Mixarli nella giusta dose e alle giuste temperature in attesa che il processo di fermentazione prenda il via e i gorgoglii si propaghino nei silenzi delle celle frigorifere e ai confini dei maturatori. Ingredienti dalle coste del pacifico, dalle terre agricole nord europee e il lavoro in birrificio per regalarci e regalarvi birre artigianali pronte ad esplodere in tutto il loro aroma globale. È questa l’arte che promuoviamo ogni giorno. Accompagnata dai vostri sorrisi e dalla nostra soddisfazione nel vedervi bere.

Sulla domanda cosa sia l’arte, beh, si sono spesi in tanti per lungo tempo e non abbiamo noi la presunzione di mettere la parola fine. A noi piace pensare che l’arte sia la semplice attività umana che colpisce e stravolge i sensi di chi ne fruisce. E al di là di pensieri e parole, crediamo fermamente nella promozione dell’arte. Nel nostro piccolo abbiamo avviato collaborazioni che qui vi raccontiamo anche per dare voce agli spazi e le persone che promuovono altre forme d’arte. Tra l’autunno dello scorso anno e i primi di febbraio abbiamo scaldato l’atmosfera con le nostre birre per due mostre organizzate da Fondazione Pastificio Cerere. Il primo aprile prossimo brinderemo alle opere di Remi Rough, presso la Wunderkammern Gallery. A Latina, invece, siamo stati piacevolmente invitati da Tech Startup City a presenziare a uno dei loro incontri, dove giovani startupper pontini hanno presentato le loro idee a base di innovazione e tecnologia. Con le nostre birre a veicolare il flusso di idee e incontri.

Questo perché, come vi abbiamo sempre sottolineato, anche il Birrificio Pontino vuole essere un luogo di incontro e di scambio, dove la taproom è intesa anche come spazio creativo ed espositivo a disposizione per le vostre idee. Recentemente, ad esempio, il Professor Antonio Parlapiano ha tenuto una delle sue masterclass all’interno del progetto ‘The Jerry Thomas Educational’.

Per informazioni basta compilare il form nella pagina contatti. Altrimenti, se preferite, vi aspettiamo in taproom. Cheers!

La raccolta dei kiwi nell’agro pontino è terminata già da qualche settimana. E noi, naturalmente, non abbiamo perso tempo per la nostra 41°Parallelo, sempre più apprezzata e ricercata. Una birra che nasce nel 2013 e che parte dall’idea di volerci legare intimamente al nostro territorio. La denominazione ‘Kiwi Latina’, infatti, è stata iscritta quale indicazione geografica protetta nel registro delle Indicazioni geografiche protette (I.G.P.). Fu nel 1971 a San felice Circeo che sorse il primo impianto sperimentale, fino alla certificazione IGP, arrivata nel 2004. Secondo quanto riportato da ‘Campagna Amica’, ad oggi, “gli ettari coltivati a kiwi nel Lazio sono circa novemila”, a tal punto che l’area dell’Agro Pontino è stata soprannominata ‘piccola Nuova Zelanda’. In realtà, nella nostra pianura si produce più che nel paese del Pacifico, contribuendo in modo decisivo a rendere l’Italia il primo produttore mondiale del frutto. Alla Nuova Zelanda ci lega quindi non solo il frutto, ma quel 41° parallelo che da il nome alla nostra farmhouse ale.

Nella birra non cerchiamo di esaltare la presenza del kiwi in sé, ma di esaltarne le caratteristiche, come quella sensazione di acidità tipica del frutto. Per intenderci, non siamo partiti per fare una ‘spremuta di kiwi’, ma di dar vita ad una birra molto bevibile e leggermente fruttata. A tal proposito abbiamo scelto il Pils come malto, mentre è sui lieviti che abbiamo voluto giocare e sperimentare. Utilizzando per tutte le nostre birre dei lieviti liquidi (White Labs), per la 41°, o K41 se preferite, abbiamo scelto dei blend spontanei americani, contenenti una piccola percentuale di brettanomiceti. Una miscela dal sapore complesso che potesse garantire un modesto livello di acidità. Un lievito, che stando alle note del produttore, può essere tranquillamente utilizzato per “farmhouse ales, Saisons e altre tipologie di birra belga”. A chiudere il cerchio, luppoli classici americani.

Nata come birra sperimentale, la K41 è oggi parte della nostra identità e quando qualcuno di voi la etichettata come lo ‘champagnino del Pontino’, non può far altro che piacere. Così come quando a Latina altri appassionati la associano ai ricordi olfattivi del moscato di Terracina. Siamo lontani dal vino, ma abbiamo comunque pensato di mettere a riposo la nostra K41 in botte per circa sei mesi. Il risultato è tutto da bere!